trovata conducere ove noi eravamo. Allora Carino,
che così avea nome colui, che la bianca
vacca smarrita avea, si pose a sedere sovra un
tronco di faggio, che dirimpetto ne stava: e
dopo molti ragionamenti al nostro Opico voltatosi,
il pregò amichevolmente, che dovesse cantare;
il quale così mezzo sorridendo rispose:
Figliuol mio, tutte le terrene cose, e l’animo
ancora, quantunque celeste sia, ne portano
seco gli anni, e la divoratrice età. E mi ricorda
molte volte, fanciullo, da che il sole usciva
insino che si coricava, cantare senza punto
stancarmi mai; ed ora mi sono usciti di mente
tanti versi; anzi peggio, che la voce tuttavia
mi vien mancando, perocchè i lupi prima mi
videro, ch’io di loro accorto mi fossi: ma posto
che i lupi di quella privato non mi avessero,
il capo canuto, e ’l raffreddato sangue
non comanda ch’io adopri ciò, che a’ giovani
si appartiene: e già gran tempo è, che la mia
sampogna pende al silvestre Fauno. Nientedimeno
qui sono molti, che saprebbono rispondere
a qualunque pastore più di cantare si vanta;
li quali potranno appieno in ciò, che a me
domandate, soddisfarvi. Ma come che degli altri
mi taccia, li quali son tutti nobilissimi, e
di grande sapere; qui è il nostro Serrano, che
veramente, se Titiro, o Melibeo lo udissero,
non potrebbono sommamente non commendarlo;
il quale e per vostro, ed anco per nostro
amore, se grave al presente non gli fia, canterà,
e daranne piacere. Allora Serrano rendendo
ad Opico le debite grazie, gli rispose:
Quantunque il più infimo, e ’l meno eloquente
di tutta questa schiera meritamente dir mi pos-