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di quelle, in maniera che, chi di lontano vedute le avesse, avrebbe di leggiero potuto credere che pendessero per le scoverte ripe. Le quali cose mentre noi taciti con attento occhio miravamo, non ricordandone di cantare, nè di altra cosa, ne parve subitamente da lungi udire un suono come di piva e di naccari, mescolato con molti gridi e voci altissime di pastori; per che alzatine da sedere, rattissimi verso quella parte del monte, onde il romore si sentiva, ne drizzammo, e tanto per lo inviluppato bosco andammo, che a quella pervenimmo. Ove trovati da dieci vaccari, che intorno al venerando sepolcro del pastore Androgèo in cerchio danzavano, a guisa che sogliono sovente i lascivi Satiri per le selve la mezza notte saltare, aspettando che dai vicini fiumi escano le amate Ninfe, ne ponemmo con loro insieme a celebrare il mesto officio. De’ quali un più che gli altri degno stava in mezzo del ballo presso all’alto sepolcro in uno altare nuovamente fatto di verdi erbe: e quivi, secondo lo antico costume, spargendo duo vasi di novo latte, duo di sacro sangue, e duo di fumoso e nobilissimo vino, e copia abbondevole di tenerissimi fiori di diversi colori; ed accordandosi con soave e pietoso modo al suono della sampogna, e de’ naccari, cantava distesamente le lodi del sepolto pastore: Godi, godi, Androgéo, e se dopo la morte alle quiete anime è concesso il sentire, ascolta le parole nostre; e i solenni onori, i quali ora i tuoi bifolchi ti rendono, ovunque felicemente dimori, benigno prendi ed accetta. Certo io credo che la tua graziosa anima vada ora attorno a queste selve volando, e ve-