se, nondimeno tutti gli boscherecci diletti, che
per simili luoghi da festevole e lieta compagnia
prender si puoteno, ne diede ed amministrò
quella sera. E primieramente avendosi nel mezzo
dell’andare ciascuno trovata la sua piastrella,
tirammo ad un certo segno; al quale chi
più si avvicinava, era, siccome vincitore, per
alquanto spazio portato in su le spalle da colui,
che perdea; a cui tutti con lieti gridi andammo
applaudendo d’intorno, e facendo maravigliosa
festa, siccome a tal giuoco si richiedea.
Indi di questo lasciandone, prendemmo
chi gli archi, e chi le fionde, e con quelle di
passo in passo scoppiando, e traendo pietre,
ne diportammo; posto che con ogni arte ed ingegno
i colpi l’un dell’altro si sforzasse di
superare. Ma discesi nel piano, e i sassosi monti
dopo le spalle lasciali, come a ciascun parve,
novelli piaceri a prendere rincominciammo; ora
provandone a saltare, ora a dardeggiare con li
pastorali bastoni, ed ora leggierissimi a correre
per le spiegate campagne; ove qualunque per
velocità primo la disegnata meta toccava, era
di frondi di pallidi ulivi onorevolmente a suon
di sampogna coronato per guiderdone. Oltra di
ciò (siccome tra boschi spesse volte addiviene)
movendosi d’una parte volpi, d’altra cavriuoli
saltando, e quelli in qua e in là co’ nostri cani
seguendo, ne trastullammo insino che agli,
usati alberghi da’ compagni, che alla lieta cena
n’aspettavano, fummo ricevuti: ove dopo molto
giuocare, essendo gran pezza della notte passata,
quasi stanchi di piacere, concedemmo all’esercitate
membra riposo. Nè più tosto la bella
Aurora cacciò le notturne stelle, e ’l cristato