Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/72

42

cia il naso, con l’altra gli pela la folta barba; e sonovi intorno a costoro tre fanciulli ignudi, e pieni di vivacità mirabile, de’ quali l’uno con tutto il suo podere si sforza di torre a Priapo la falce di mano, aprendogli puerilmente ad uno ad uno le rustiche dita; l’altro con rabbiosi denti mordendogli la irsuta gamba, fa segnale al compagno, che gli porga aita; il quale intento a fare una sua picciola gabbia di paglia e di giunchi, forse per rinchiudervi i cantanti grilli, non si muove dal suo lavoro per ajutarlo; di che il libidinoso Iddio poco curandosi, più si ristringe seco la belissima Ninfa, disposto totalmente di menare a line il suo proponimento: ed è questo mio vaso di fuori circondato d’ogn’intorno d’una ghirlanda di verde pimpinella, legata con un brieve, che contiene queste parole:

Da tal radice nasce
Chi del mio mal si pasce.

E giuroti per le Deità de’ sacri fonti, che giammai le mie labbra nol toccarono, ma senpre l’ho guardato nettissimo nella mia tasca dall’ora, che per una capra e due grandi fiscelle di premuto latte il comperai da un navigante, che nei nostri boschi venne da lontani paesi. Allor Selvaggio, che in ciò giudice era stato eletto, non volle che pegni si ponessero, dicendo, che assai sarebbe, se ’l vincitore n’avesse la lode, e ’l vinto la vergogna: e così detto, fa cenno ad Ofelia, che sonasse la sampogna, comandando a Logisto che cominciasse, e ad Elpino che alternando a vicenda rispondesse; per la qual cosa appena il suono fu sentito, che Logisto con cotali parole il seguitò.