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mi fuochi, sovra a quelli cominciammo tutti per ordine destrissimamente a saltare, per espiare le colpe commesse nei tempi passati. Ma porti i divoti preghi, e i solenni sacrificj finiti, uscimmo per un’altra porta ad una bella pianura coverta di pratelli delicatissimi, li quali, siccome io stimo, non erano stati giammai pasciuti nè da pecore, nè da capre, nè da altri piedi calcati, che di Ninfe: nè credo ancora che le susurranti api vi fossero andate a gustare i teneri fiori che vi erano; sì belli, e sì intatti si dimostravano. Per mezzo dei quali trovammo molte pastorelle leggiadrissime, che di passo in passo si andavano facendo nove ghirlandette, e quelle in mille strane maniere ponendosi sovra li biondi capelli, si sforzava ciascuna con maestrevole arte di superare le dote della Natura. Fra le quali Galizio veggendo forse quella, che più amava, senza essere d’alcuno di noi pregato, dopo alquanti sospiri ardentissimi, sonandogli il suo Eugenio la sampogna, così soavemente cominciò a cantare, tacendo ciascuno.


ANNOTAZIONI

alla Prosa Terza.


La lieta festa di Pales ec. Pale è la Dea de’ Pastori, cui alcuni tengono essere la stessa che Vesta, ed altri la stessa che Opi madre degli Dei. Le sue feste dette Palilie, Parilie, o Palirie, si celebravano dai Romani ai 21 d’Aprile, perchè credevano che in tal giorno fosse stata fondata dai Pastori la loro città. Properzio:


Urbi festus erat, dixere Palilia patres;
Hic primus coepit moenibus esse dies.