tarono amorose canzoni. Oltra di ciò li vagabondi
fanciulli di passo in passo, con le semplicette
verginelle si videro per le contrade esercitare
puerili giuochi, in segno di comune
letizia. Ma per poter mo divotameute offrire i
voti fatti nelle necessità passate sovra i fumanti
altari, tutti insieme di compagnia ne andammo
al santo tempio: al quale per non molti gradi
poggiati, vedemmo in su la porta dipinte alcune
selve, e colli bellissimi, e copiosi di alberi
fronzuti, e di mille varietà di fiori; tra i quali
si vedeano molti armenti, che andavano pascendo,
e spaziandosi per li verdi prati, con
forse dieci cani d’intorno, che li guardavano;
le pedate dei quali in su la polvere naturalissime
si discernevano. De’ pastori alcuni mungevano,
altri tondevano lane, altri sonavano sampogne,
e tali vi erauo, che pareva, che cantando
s’ingegnassero di accordarsi col suono di
quelle. Ma quel, che più intentamente mi piacque
di mirare, erano certe Ninfe ignude, le
quali dietro un tronco di castagno stavano
quasi mezze nascose, ridendo di un montone,
che per intendere a rodere una ghirlanda di
quercia, che dinanzi agli occhi gli pendea,
non si ricordava di pascere le erbe, che d’intorno
gli stavano. In questo venivano quattro
Satiri con le corna in testa, e piedi caprini,
per una macchia di lentischi pian piano per
prenderle dopo le spalle: di che elle avvedendosi,
si mettevano in fuga per lo folto bosco,
non schivando nè pruni, nè cosa, che lor potesse
nocere: delle quali una, più che le altre
presta, era poggiata sovra un carpino, e quindi
con uno ramo lungo in mano si difendea: