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parlando, i fiochi fagiani per le loro magioni cantavano, e ne faceano sovente, per udirli, lasciare interrotti i ragionamenti, li quali assai più dolci a tal maniera ne pareano, che se senza sì piacevole impaccio gli avessimo per ordine continuati. Con cotali piaceri adunque ne riconducemmo alle nostre capanne, ove con rustiche vivande avendo prima cacciata la fame, ne ponemmo sovra l’usata paglia a dormire, con sommo desiderio aspettando il novo giorno, nel quale solennemente celebrar si dovea la lieta festa di Pales veneranda Dea de’ pastori, per riverenza della quale, sì tosto come il sole apparve in Oriente, e i vaghi uccelli sovra li verdi rami cantarono, dando segno della vicina luce, ciascuuo parimente levatosi cominciò ad ornare la sua mandra di rami verdissimi di quercie e di corbezzoli, ponendo in su la porta una lunga corona di fiondi e di fiori di ginestre, e d’allri, e poi con fumo di puro solfo andò divotamenle attorniando i saturi greggi, e purgandoli con pietosi preghi, che nessun male lor potesse nocere, nè dannificare. Per la qual cosa ciascuna, capanna si udì risuonare di diversi istrumenti: ogni strada, ogni borgo, ogui trivio si vide seminalo di verdi mirti. Tutti gli animali egualmente per la santa festa conobbero desiato riposo. I vomeri, i rastri, le zappe, gli aratri, e i gioghi similmente ornati di serti di novelli fiori mostrarono segno di piacevole ozio. Nè fu alcuno degli aratori, che per quel giorno pensasse di adoperare esercizio, nè lavoro alcuno; ma tutti lieti con dilettevoli giuochi intorno agl’inghirlandati buoi per li pieni presepj can-