Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
22 |
Ch’io canto, suono e ballo.
E cantando e ballando al suon languisco,
E segno un basilisco:
Così vuol mia ventura, ovver mio fallo.
Uranio.
Così vuol mia ventura, ovver mio fallo;
Che vo sempre cogliendo
Di piaggia in piaggia fiori e fresche erbette,
Trecciando ghirlandette;
E cerco un tigre umiliar piangendo.
Montano.
Fillida mia, più che i ligustri bianca,
Più vermiglia che ’l prato a mezzo aprile,
Più fugace che cerva,
Ed a me più proterva,
Ch’a Pan non fu colei che vinta e stanca
Divenne canna tremula e sottile;
Per guiderdon delle gravose some,
Deh spargi al vento le dorate chiome.
Uranio.
Tirrena mia, il cui colore agguaglia
Le mattutine rose e ’l puro latte;
Più veloce che damma,
Dolce del mio cor fiamma;
Più cruda di colei che fe’ in Tessaglia
Il primo alloro di sue membra attratte;
Sol per rimedio del ferito core
Volgi a me gli occhi, ove s’annida amore.
Montano.
Pastor, che siete intorno al cantar nostro,
S’alcun di voi ricerca foco od esca
Per riscaldar la mandra,
Venga a me salamandra,
Felice insieme e miserabil mostro;
In cui convien ch’ognor l’incendio cresca