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va la sua mandra dinanzi, sì dolcemente sonando la sua sampogna, che pavea che le selve più che l’usato ne godessero. A cui io vago di cotal suono, con voce assai umana dissi: amico, se le benivole Ninfe prestino intente orecchie al tuo cantare; e i dannosi lupi non possano predare nei tuoi agnelli, ma quelli intatti e di bianchissime lane coverti, ti rendano grazioso guadagno; fa che io alquanto goda del tuo cantare, se non ti è noja; che la via e ’l caldo ne parrà minore; ed acciocchè tu non creda che le tue fatiche si spargano al vento, io ho un bastone di noderoso mirto, le cui estremità son tutte ornate di forbito piombo, e nella sua cima è intagliata per man di Carileo bifolco, venuto dalla fruttifera Ispagna, una testa di ariete con le corna si maestrevolmente lavorate, che Toribio, pastore oltra gli altri ricchissimo, mi volse per quello dare un cane animoso strangolatore di lupi, nè per lusinghe, o patti, che mi offerisse, il poteo egli da me giammai impetrare. Or questo, se tu vorrai cantare, fia tutto tuo. Allora Montano, senz’altri preghi aspettare, così piacevolmente andando incominciò.
ANNOTAZIONI
alla Prosa Seconda.