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Già per li boschi i vaghi uccelli fannosi
I dolci nidi
ec.


Onde giudiziosamente accenna il cozzare de’ montoni, che appunto in primavera suole vedersi.

Progne ritorna a noi ec. Per Progne intendi la rondine, in che Progne fu convertita, e per la sua sorella Cecropia intendi Filomena, ossia il lusignuolo, in che ella parimenti fu trasformata. Cecropia è chiamata per dirla Ateniese, perchè fu figliuola di Pandione Re di Atene, e Cecropii furon appellati gli Ateniesi da Cecrope fondatore, o ristoratore di quella sì famosa città. Ad ognuno poi è noto il motivo de’ lamenti di Filomena, e che il comparire di lei e di Progne annunzia la primavera.

A cantar versi sì leggiadri ec. I versi leggiadri sono le poesie regolari e nobili, le frottole son canzonette amorose, il cui stile è basso, e i versi brevi, e non uguali, senza regola o con poca almeno tessuti.

Ma meste strigi ec. La strige è un uccello notturno, con occhi di civetta, rostro adunco, piedi uncinati, e canute piume. È chiamato così dal rauco suo stridere, onde Ovidio nel lib. vi. de’ Fasti:


Est illis strigibus nomen; sed nominis hujus
Causa quod horrenda stridere nocte solent.


Gli antichi credevano, che quest’uccello andasse di nottetempo alle culle de’ fanciulli per succhiarne il sangue. Per lo che fu tenuto qual altro degli uccelli di funesto augurio, e da lui ebbero il nome di streghe quelle brutte vecchie, che s’imaginava una volta potessero con fattucchierie maleficiare i bambini. Ergasto chiama importune anche le nottole, e questo perchè anch’esse stridono raucamente, e sono di mal augurio. S’avverta però di non cadere nel volgare errore, che prende la nottola pel pipistrello. La nottola è propriamente quella che chiamasi civetta in italiano, e noctua in latino; il pipistrello è il topo volatile, detto verpertilio dai latini. Di più si avverta, che intorno ad Ergasto non sono già strigi nè nottole, ma anzi rosignuoli e rondini, cui egli prende per quegl’inaugurati uccelli a cagione che l’amore lo fa stravedere. Di fatto le strigi e le nottole giran intorno quando è notte, ed ora che i due pastori parlano, ben si vede che è giorno. Il che vie più chiaro apparisce, quando Ergasto dice, che per lui non riede la primavera, che non trova erbe o fiori ec.

Perisca il mondo ec. Con aria meno sublime, come ad un pastore si conviene, ha detto qui il Sanazzaro ciò che dice Orazio: