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EGLOGA PRIMA.
selvaggio ed ergasto.
Selvaggio.
Ergasto mio, perchè solingo e tacito
Pensar ti veggio? oimè, che mal si lasciano
Le pecorelle andare a lor ben placito.
Vedi quelle che ’l rio varcando passano,
Vedi que’ duo monton che ’nsieme corrono,
Come in un tempo per urtar s’abbassano.
Vedi ch’al vincitor tutte soccorrono,
E vannogli da tergo, e ’l vinto scacciano,
E con sembianti schivi ognor l’abborrono.
E sai ben tu, che i lupi, ancorchè tacciano,
Fan le gran prede, e i can dormendo stannosi.
Però che i lor pastor non vi s’impacciano.
Già per li boschi i vaghi uccelli fannosi
I dolci nidi, e d’alti monti cascano
Le nevi, che pel sol tutte disfannosi.
E par che i fiori per le valli nascano,
Ed ogni ramo abbia le foglie tenere,
E i puri agnelli per l’erbette pascano.
L’arco ripiglia il fanciullin di Venere,
Che di ferir non è mai stanco o sazio
Di far delle midolle arida cenere.
Progne ritorna a noi per tanto spazio
Con la sorella sua dolce Cecropia
A lamentarsi dell’antico strazio.
A dire il vero oggi è tanta l’inopia
De’ pastor, che cantando all’ombra seggiano,
Che par che stiamo in Scitia o in Etiopia.