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Barcinio.

Summonzio, io per li tronchi scrivo e vergole;
E perchè la lor fama più dilatesi,
Per longinqui paesi ancor dispergole.
Tal che farò che ’l gran Tesino, ed Atesi,
Udendo Meliseo, per modo il cantino,
Che Filli il senta, ed a se stessa aggralesi.
E che i pastor di Mincio poi gli piantino
Un bel lauro in memoria del suo scrivere;
Ancorchè del gran Titiro si vantino.

Summonzio.

Degno fu Meliseo di sempre vivere
Con la sua Filli, e starsi in pace amandola;
Ma chi può le sue leggi al ciel prescrivere?

Barcinio.

Solea spesso per qui venir chiamandola;
Or davanti un altare in su quel culmine
Con incensi si sta sempre adorandola.

Summonzio.

Deh, socio mio, se ’l ciel già mai non fulmine
Ove tu pasca, e mai per vento o grandine
La capannuola tua non si disculmine;
Qui sopra l’erba fresca il manto spandine,
E poi corri a chiamarlo in su quel limite;
Forse impetri che ’l ciel la grazia mandine.

Barcinio.

Più tosto, se vorrai che ’l finga ed imite,
Potrò cantar; che farlo qui discendere
Leggier non è, come tu forse estimite.

Summonzio.

Io vorrei pur la viva voce intendere
Per notar de’ suoi gesti ogni particola;
Onde, s’io pecco in ciò, non mi riprendere.