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queste canzoni con quelle; ma per rallegrarmi del mio cielo, cue non del tutto vacue abbia voluto lasciare le sue selve; le quali in ogni tempo nobilissimi pastori han da se produtti, e dagli altri paesi con amorevoli accoglienze, e materno amore a se tirati. Onde mi si fa leggiero il credere, che da vero in alcun tempo le Sirene vi abitassero, e con la dolcezza del cantare detinessero quegli, che per la lor via si andavano. Ma tornando omai ai nostri pastori, poi che Barcinio per buono spazio assai dolcemente sonata ebbe la sua sampogna, cominciò così a dire col viso rivolto verso il compagno, il quale similmente assiso in una pietra stava per rispondergli attentissimo.


ANNOTAZIONI

alla Prosa Duodecima.


Ma venuta la oscura notte ec. Questa descrizione della notte è presa in gran parte da quella di Virgilio nel Lib. iv. dell’Eneida:


Nox erat, et placidunt carpebant fessa soporem
Corpora per terras, silvaeque et saeva quierant
Æquora: cum medio volvuntur sidera lapsu,
Cum tacet omnis ager; pecudes pictaeque volucres,
Quaeque lacus late liquidos, quaeque aspera dumis
Rura tenent, somno positae sub nocte silenti
Lenibant curas, et corda oblita laborum.


L’Aurora già incominciava a rosseggiare ec. Virgilio nel Cab. xi. dell’En.:


Aurora interra miseris mortalibus almam
Extulerat lucem, referens opera atque labores.


E giunto con lei sopra il fiume ec. Queste idee sono similmente prese da Virgilio nel Lib. iv. della Georg., quando Cirene conduce il figliuolo Aristeo sotto il fiume Peneo;