do da quella mesta schiera due Ninfe si mossero,
e con lacrimosi volti ver me veueudo,
mi posero in mezzo tra loro. Delle quali una alquante
più che l’altra col viso levato prendendomi
per mano, mi menò verso la uscita, ove
quelle picciola acqua in due parti si divide;
l’una effondendosi per le campagne, l’altra
per occulta via andandone a’ comodi, ed ornamenti
della città. E quivi fermatasi, mi mostrò
il cammino, significandomi, in mio arbitrio essere
omai lo uscire. Poi per manifestarmi chi
esse fossero, mi disse: Questa, la qual tu ora
da nubilosa caligine oppresso pare che non riconoschi,
è la bella Ninfa, che bagna lo amato
nido della tua singolare Fenice, il cui liquore
tante volle insino al colmo dalle tue lacrime
fu aumentato; me, che ora ti parlo,
troverai ben tosto sotto le pendici del monte,
ove ella si posa. E ’l dire di queste parole, e ’l
convertirsi in acqua, e l’avviarsi per la coverta
via, fu una medesima cosa. Lettore, io ti
giuro; se quella Deità, che infin qui di scriver
questo mi ha prestato grazia, conceda,
qualunque elli si siano, immortalità agli scritti
miei; che io mi trovai in tal punto si desideroso
di morire, che di qualsivoglia maniera di
morte mi sarei contentato: ed essendo a me
medesimo venuto in odio, maledissi l’ora, che
d’Arcadia partito mi era, e qualche volta intrai
in speranza, che quello, che io vedeva ed
udiva, fosse pur sogno; massimamente non sapendo
fra me stesso stimare, quanto stato fosse
lo spazio, ch’io sotterra dimorato era. Così tra
pensieri, dolore, e confusione tutto lasso e
rotto, e già fuora di me, mi condussi alla de-