forza. Così per occulto canale indrizzatomi,
tanto in qua ed in là andai, che finalmente
arrivato ad una grotta cavata nell’aspro tufo,
trovai in terra sedere il venerando Iddio, col
sinistro fianco appoggiato sovra un vaso di pietra,
che versava acqua: la quale egli in assai
gran copia facea maggiore con quella, che dal
volto, da’ capelli, e da’ peli della umida barba
piovendogli continuamente vi aggiungeva. I suoi
vestimenti a vedere parevano di un verde limo:
in la destra mano teneva una tenera canna,
ed in testa una corona intessuta di giunchi, e
di altre erbe provenute dalle medesime acque:
e d’intorno a lui con disusato mormorio le sue
Ninfe stavano tutte piangendo, e senza ordine,
o dignità alcuna gittate per terra, non alzavano
i mesti volti. Miserando spettacolo, vedendo
io questo, si offerse agli occhi miei; e già fra
me cominciai a conoscere per qual cagione innanzi
tempo la mia guida abbandonato mi avea:
ma trovandomi ivi condotto, nè confidandomi
di tornare più indietro, senza altro consiglio
prendere, tutto doloroso e pien di sospetto mi
inclinai a baciar prima la terra, e poi cominciai
queste parole: O liquidissimo fiume, o Re
del mio paese, o piacevole e grazioso Sebeto,
che con le tue chiare e freddissime acque irrighi
la mia bella patria, Dio ti esalti: Dio vi
esalti, o Ninfe, generosa progenie del vostro
padre: siate, prego, propizie al mio venire; e
benigne ed umane tra le vostre selve mi ricevete:
basti fin qui alla mia dura fortuna avermi
per diversi casi menalo; ormai o riconciliata,
o sazia delle mie fatiche, deponga le arme.
Non avea ancora io fornito il mio dire, quan-