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che in se conteneva, augurio infelicissimo di future lacrime. Conciossiacosachè nel mio intrare trovai per sorte, che tra li molti ricami tenevano allora in mano i miserabili casi della deplorata Euridice: siccome nel bianco piede punta dal velenoso aspide fu costretta di esalare la bella anima: e come poi per ricovrarla discese all’inferno, e ricovrata la perdè la seconda volta lo smemorato marito. Ahi lasso, e quali percosse, vedendo io questo, mi senti’ nell’animo, ricordandomi de’ passati sogni; e non so qual cosa il cuore mi presagiva: che, benchè io non volessi, mi trovava gli occhi bagnati di lacrime, e quanto vedeva, interpretava in sinistro senso. Ma la Ninfa, che mi guidava, forse pietosa di me, togliendomi quindi, mi fe’ passare più oltre in un luogo più ampio, e più spazioso, ove molti laghi si vedevano, molte scaturigini, molle speluncbe, che rifondevano acque, dalle quali i fiumi, che sovra la terra corrono, prendono le loro origini. O mirabile artificio del grande Iddio! La terra, che io pensava che fosse soda, richiude nel suo ventre tante concavità! Allora incominciai io a non maravigliarmi de’ fiumi, come avessero tanta abbondanza, e come con indeficiente liquore serbassero eterni i corsi loro. Così passando avanti tutto stupefatto e stordito dal gran rumore delle acque, andava mirandomi intorno, e non senza qualche paura, considerando la qualità del luogo, ove io mi trovava. Di che la mia Ninfa accorgendosi: Lascia, mi disse, cotesti pensieri, ed ogni timore da te discaccia; che non senza volontà del Cielo fai ora questo cammino. I fiumi, che tante fiate uditi hai no-