cipresso, senza altra risposta avere alle mie parole.
In questo tanta noja ed angoscia mi soprabbondava,
che non possendo il sonno soffrirla,
fu forza che si rompesse. Onde, come
che molto mi piacesse non eser così la cosa,
come sognato avea; pur nondimeno la paura,
e ’l sospetto del veduto sogno mi rimase nel
cuore, per forma che tutto bagnato di lacrime,
non possendo più dormire, fui costretto per
minor mia pena a levarmi, e benchè ancora
notte fosse, uscire per le fosche campagne. Così
di passo in passo, non sapendo io stesso ove
andare mi dovessi, guidandomi la Fortuna,
pervenni finalmente alla falda di un monte,
onde un gran fiume si movea con un ruggito,
e mormorio mirabile, massimamente in quella
ora, che altro romore non si sentiva: e stando
qui per buouo spazio, l’Aurora già incominciava
a rosseggiare nel cielo, risvegliando universalmente
i mortali alle opre loro; la quale per
me umilmente adorata, e pregata volesse prosperare
i miei sogni, parve che poco ascoltasse,
e men curasse le parole mie; ma dal vicino
fiume, senza avvedermi io come, in un
punto mi si offerse avanti una giovane donzella
nell’aspetto bellissima, e nei gesti e nell’andare
veramente divina; la cui veste era di un
drappo sottilissimo e sì rilucente, che, se non
che morbido il vedea, avrei per certo detto,
che di cristallo fosse; con una nova ravvolgitura
di capelli, sovra i quali una verde ghirlanda
portava, ed in mano un vasel di marmo
bianchissimo. Costei venendo ver me, e dicendomi:
Seguita i passi miei, ch’io son Ninfa
di questo luogo; tanto di venerazione, e di