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E le fontane e i fiumi per le valli
Mormorando diran quel ch’ora io canto,
Con rilucenti e liquidi cristalli.
E gli alberi ch’or qui consacro e pianto,
Risponderanno al vento sibilando:
Ponete fine, o muse, al vostro pianto.
Fortunati i pastor che desiando
Di venir in tal grado, han poste l’ale;
Benchè nostro non sia sapere il quando.
Ma tu, più ch’altra, bella ed immortale
Anima, che dal ciel forse m’ascolti,
E mi dimostri al tuo bel coro eguale;
Impetra a questi lauri ombrosi e folti
Grazia, che con lor sempre verdi fronde
Possan qui ricoprirne ambo sepolti.
Ed al soave suon di lucide onde
Il cantar degli uccelli ancor si aggiunga;
Acciocchè il luogo d’ogni grazia abbonde.
Ove, se ’l viver mio pur si prolunga
Tanto, che, com’io bramo, ornar ti possa,
E da tal voglia il ciel non mi disgiunga;
Spero che sovra te non avrà possa
Quel duro eterno ineccitabil sonno
D’averti chiusa in così poca fossa;
Se tanto i versi miei prometter ponno.


ANNOTAZIONI

all’Egloga Undecima.


Poi che ’l soave stile ec. Nella prima Annotazione all’Egloga Quinta ho promesso di far vedere come il Sanazzaro nelle sue Egloghe giudiziosamente tralasci per qualche particolar ragione di usare il verso sdrucciolo, il quale d’altronde è assaissimo adatto alle poesie pastorali. Poteva io satisfare a tale promessa molto prima d’ora; ma ho fin qui aspet-