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Dardanidae magni, genus alto a sanguine divum,
Annus exactis completur mensibus orbis,
Ex quo reliquias divinique ossa parentis
Condidimus terra, moestasque sacravimus aras.
Jamque dies, ni fallor, adest, quem semper acerbum,
Semper honoratum (sic Di voluistis) habebo
etc.


Mi piace però nel Sanazzaro udir a dire ad Ergasto, ch’egli stima che non senza volontà degli Dii la fortuna aveva guidato lui ed i suoi compagni al luogo, dove potevano onorare le ceneri di Massilia nel giorno appunto che da un anno ella era morta. Non v’ha dubbio, che le genti semplici, come i pastori sono, tutto credono giustamente accadere per volontà celeste; ma particolarmente quello che ha una chiara idea di bene, siccome l’opportuna occasione d’onorare le reliquie della propria virtuosissima madre. Al contrario mi disgusta in Virgilio quella spezie di dubbio, ch’Enea esprime colle parole ni fallor sul preciso giorno della morte di suo padre. Enea che ci viene sempre offerto col carattere di uomo grande sì, ma insieme pio e buono, e che avendo assaissimo amato il padre suo fu preso da acerbissimo dolore per la morte di lui, secondo ciò ch’egli stesso ne dice, come mai non dovea di tal giorno conservare un’infelice memoria?

Le ossa della vostra Massilia. Il Massarengo, quantunque poco giudizioso, e nojosissimo sia nelle sue Annotazioni, fa qui un’acconcia riflessione. Grande artificio, egli scrive, contiene quella parola vostra detta da Ergasto, che sebbene Massilia sia sua madre, pure gli piace chiamarla degli ascoltanti pastori, per disporli più facilmente, come ad onorar cosa loro propria; quasi dicesse: vostra fu, perchè vi amava; vostra, perchè vi onorava, vi consigliava, vi faceva beneficj. Lo stesso Massarengo sospetta, che ’l Sanazzaro sotto persona di Ergasto intenda per Massilia la propria sua madre. Se il Massarengo non avesse ignorato, com’egli medesimo confessa, che il nome della madre del nostro Autore fu Masella, da Tomasella, diminutivo napoletano di Tomassa, si sarebbe vie maggiormente confermato nel suo sospetto. E quando così si voglia credere, non è fuor di ragione il sospettare parimenti, che come qui onora la memoria della madre, così colla canzone cantata pur da Ergasto nell’Egloga Quinta sopra la sepoltura di Androgeo, abbia voluto onorare quella del padre.

Chiamando tutti ad alta voce la divina anima ec. Virgilio nel Lib. v. dell’En.:


Vinaque fundebat pateris, animamque vocabat
Anchisae magni, Manesque Acheronte remissos.
Necnon et socii, quae cuique est copia, laeti
Dona ferunt oncrantque aras, mactantque juvencos.