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tallone dietro alla giuntura delle ginocchia una gran botta, per modo che facendogli per forza piegare le gambe, il fe’ cadere supino, ed egli senza potere aitarsi gli cadde di sopra. Allora tutti i pastori maravigliati gridarono. Dopo questo toccando la sua vicenda a Selvaggio di dovere alzare Uranio, il prese con ambedue le braccia per mezzo; ma per lo gran peso, e per la fatica a villa non possendolo sostenere, fu bisogno, quantunque molto vi si sforzasse, che ambiduo così giunti cadessero in quella polvere. All’ultimo alzatisi con malo animo si apparecchiavano alla terza lotta. Ma Ergasto non volle che le ire più avanti procedessero, ed amichevolmente chiamatili, disse loro: Le vostre forze non son ora da consumarsi qui per sì picciolo guiderdone: eguale è di ambiduo la vittoria, ed eguali doni prenderete: e così dicendo, all’uno diede il bel vaso, all’altro una cetera nova, parimente di sotto e di sopra lavorata, e di dolcissimo suono; la quale egli molto cara lenea per mitigamento e conforto del suo dolore. Avevano per avventura la precedente notte i compagni di Ergasto dentro la mandra preso un lupo; e per una festa il tenean così vivo legato ad un di quegli alberi: di questo pensò Ergasto dover far in quel giorno lo ultimo giuoco; ed a Clonico voltandosi, il quale per niuna cosa ancora levato si era da sedere, gli disse: E tu lascerai oggi così inonorata la tua Massilia, che in sua memoria non abbi di te a mostrare prova alcuna? Prendi, animoso giovane, la tua fionda, e fa conoscere agli altri, che tu ancora ami Ergasto; e questo dicendo, a lui, ed agli altri mostrò il