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e quasi davanti ai piedi sel fe’ cadere. Il terzo, che ’l tirò, fu Eugenio, il quale di buono spazio passò i due precedenti: ma Montano, a cui l’ultimo tratto toccava, fattosi un poco avanti, si bassò in terra, e prima che il palo prendesse, due o tre volle dimenò la mano per quella polvere: dopo presolo, ed aggiungendo alquanto di destrezza alla forza, avanzò di tanto tutti gli altri, quanto due volte quello era lungo: a cui tutti i pastori applausono, con ammirazione lodando il bel tratto, che fatto avea. Per la qual cosa Montano presosi il palo si ritornò a sedere: ed Ergasto fe’ cominciare il terzo giuoco, il quale fu di tal sorte. Egli di sua mano con un de’ nostri bastoni fe’ in terra una fossa picciola tanto, quanto solamente con un piè vi si potesse fermare un pastore, e l’altro tenere alzato, come vedemo spesse volte fare alle grue. Incontro al quale un per uno similmente con un piè solo aveano da venire gli altri pastori, e far prova di levarlo da quella fossa, e porvisi lui. Il perdere tanto dell’una parte, quanto dell’altra era, toccare con quel piè, che sospeso tenevano, per qualsivoglia accidente in terra. Ove si videro di molti belli e ridicoli tratti, ora essendone cacciato uno, ed ora un altro. Finalmente toccando ad Ursacchio di guardare il luogo, e venendogli un pastore molto lungo davanti, sentendosi egli ancora scornato del ridere de’ pastori, e cercando di emendare quel fallo, che nel trarre del palo commesso avea; cominciò a servirsi delle astuzie, e bassando in un punto il capo con grandissima prestezza, il pose tra le coscie di colui, che per attaccarsi con lui gli si era ap-