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tal nome sposse volte significa lo stesso che occaso; come
gl’italiani chiamano Esperia la Spagna, perchè a loro riguardo
ella è situata all occidente, così i Greci per la stessa ragione
appellano l’Italia col medesimo nome. Ma per lo più
volendo usare di questa denominazione, e distinguere quando
si voglia indicare l’Italia piuttosto che la Spagna, o al contrario,
Esperia maggiore si chiama l’Italia, e minore, o ultima,
o estrema la Spagna.
Quei primi pastor ec. Qui si vogliono intendere i due fratelli Romolo e Remo, il primo de’ quali uccise l’altro. Per capire intieramente quello che qui di Remo si dice, cioè ch’egli fu vinto da più felici augurii, ricordiamoci che essendo nato il contrasto tra que’ due fratelli qual di loro dovesse imporre il nome alla novella città, vennero a questo accordo, che chi avesse più felice augurio, dovesse denominarla a modo suo; e che Romolo vide dodici avoltoj, e Remo solamente sei, talchè essendo più felice l’augurio di Romolo, questi e non Remo diede il nome alla città, chiamandola Roma.
Orione ec. Egli è un segno celeste di trent’otto stelle. A mirarlo pare che colla disposizione e col fulgore di sue stelle formi una spada terribile. Se risplende, dinota serenità, se si ottenebra, prenunzia tempesta. Qui ’l Poeta ha stimato bastevole il dire, che appariva armata la stella di Orione, per significare, ch’ella presagiva tempi infelici. È poi chiarissimo che tutta questa descrizione di turbamento di cielo e di terra è intieramente allegorica.
Arturo. È una stella nel segno celeste di Boote, e posta tra le gambe di esso. Nascendo cagiona tempeste; ma le cagiona assai più veementi quando tramonta. Laonde il Poeta per esprimere vie meglio l’infelicità de’ tempi che sopravvenivano, dice che Arturo già s’attuffava in mezzo l’onde. Orazio nell’Ode i. del Lib. iii. per accennare il maggiore imperversare di questa stella, ne rimarca anch’egli il suo tramontare:
Desiderantem quod satis est, neque
Tumultuosum sollicitat mare:
Nec saevus Arcturi cadentis
Impetus, aut orientis Hoedi etc.
Vertunno fu un Dio appo i Romani, che in tutte le forme si cangiava, Come Proteo appo i Greci. Comunemente è preso pel Dio, sotto la cui tutela sono i frutti degli alberi, e tutte le altre cose, che maturano all’autunno, ed è così chiamato appunto perchè raccoglie i frutti dell’anno che si volge al suo fine. Fu anche detto il Dio dell’anno, pigliando perciò diverse faccie seconde la stagione, e dando agli uo-