Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
xii |
aperto l’adito presso il Re Ferdinando I., e presso i Principi di lui figli Alfonso e Federico. La protezion di quest’ultimo contribuì singolarmente ad alleggerire il suo animo dal peso delle narrate sciagure. Così di lui scrive a Gio. Francesco Caracciolo:
Quest’anima real, che di valore,
Caracciol mio, l’età nostra riveste,
Volgendo gli occhi all’alte mie tempeste
Fe’ forza a morte, e tenne in vita il core.
Il Sanazzaro alle beneficenze del suo real Mecenate rendette il guiderdone di una fede inviolata, e di un saldo e tenero affetto. Non lo abbandonò nemmen quando il vide disavventurato, e spoglio del regno; anzi lo accompagnò nel suo esiglio, e seco visse in Francia sino alla di lui morte. Allora Jacopo si restituì alla patria, e oramai vecchio impiegò i restanti suoi giorni unicamente nella cultura delle lettere, e dell’amicizia. La sua deliziosa villa di Mergellina gli offeriva la tranquillità, e gli richiamava la dolce rimembranza del suo benefattore, poich’era dono di lui: affetti ambidue cari al suo cuore.
Ma non è in balìa dell’uomo di rendere durevole quella tranquillità, che è frutto del disinganno, e meta di un desiderio sano, ed illuminato dalla tarda esperienza. Sciaurate vicende turbano non di rado la calma esteriore, donde si comunica una irresistibile scossa anche all’interna ad onta di qualunque vantata impassibilità filosofica. Il Sanazzaro vide violata la pace del campestre asilo della sua