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non ancora cresciuti a pare altezza della bianca cima, perocchè di poco tempo avanti vi erano dal pietoso Ergasto stati piantati. Per compassione del quale, molli pastori ancora avevano il luogo circondato di alte siepi, non di pruni, o di rubi, ma di ginepri, di rose, e di gelsomini; e formatovi con le zappe un seggio pastorale, e di passo in passo alquante torri di rosmarino, e di mirti, intessute con mirabilissimo artificio. Incontro alle quali con gonfiate vele veniva una nave fatta solamente di vimini, e di fronde di viva edera, sì naturalmente, che avresti detto: Questa solca il tranquillo mare: per le sarte della quale, ora nel timone, ed ora nell’alta gabbia andavano cantanti uccelli, vagandosi in similitudine di esperti e destrissimi naviganti. Così ancora per mezzo degli alberi, e delle siepi si vedevano fiere bellissime e snelle allegramente saltare, e scherzare con varj giuochi, bagnandosi per le fredde acque; credo forse per dare diletto alle piacevoli Ninfe guardiane del luogo, e delle sepolte ceneri. A queste bellezze se ne aggiungeva una non meno da commendare, che qualsivoglia delle altre; conciossiacosachè tutta la terra si potea vedere coverta di fiori, anzi di terrene stelle, e di tanti colori dipinta, quanti nella pomposa coda del superbo pavone, o nel celestiale arco, quando a’ mortali dinunzia pioggia, se ne vedono variare. Quivi gigli, quivi ligustri, quivi viole tinte di amorosa pallidezza, ed in gran copia i sonnacchiosi papaveri con le inchinate teste, e le rubiconde spighe dell’immortale amaranto, graziosissime corone nell’orrido verno. Finalmente quanti fanciulli, e ma-