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del verosimile. L’amor vero è timido e rispettoso, e tale è d’ordinario il primo amore. Quantunque, dic’egli, nel letticiuolo della mia cameretta molte cose nella memoria mi proponessi di dirle, nientedimeno, quando in sua presenza io era, impallidiva, tremava, e diventava mutolo . . . . Dunque per ultimo rimedio di più non stare in vita deliberai . . . . e veramente avrei finiti i miei tristi giorni, se la dolente anima da non so quale viltà soprapresa non fosse divenuta timida di quel che più desiderava. Tal che rivolto il fiero proponimento in più regolato consiglio presi partito di abbandonare Napoli, e le paterne case, credendo forse di lasciare amore, e i pensieri insieme con quelle: ma lasso che molto altrimente ch’io mi avvisava mi avvenne!1
In somma la sua piaga colla lontananza non si addolcì. Egli si trasferì in Francia, ed ivi pure l’immagine dell’amata fanciulla lo seguitò costante, ed indivisibile. Fu essa la sovrana de’ suoi pensieri, e l’argomento delle dogliose sue rime. Non potendo infine più reggere ad una privazione sì tormentosa fece tra non molto ritorno alla patria. Ma a che terribile desolazione ei cadde in preda, allor che intese che la sua Carmosina era trapassata all’altra vita nel più bel fiore degli anni? Ogni amante d’immaginazione ardentissima può agevolmente idearsi quale si fosse la lacerazion dei suo cuore.
Intanto la fama del suo sapere gli aveva
- ↑ Citata Opera Prosa vi.