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rabia, fu onorato sotto il nome di Baal-Phegor. San Girolamo così scrive: Beelphegor, idolum Moabitarum, quem nos Priapum possumus appellare. Tnoltre fu adorato com’egli fosse lo stesso che il Soie. Perciò Orfeo, od Onomacrito ne’ suoi Inni, così dice rivolgendosi al sole:


Tu rechi a noi la fiammeggiante luce,
Ond’io Fane ti chiamo, o ’l re Priapo.


Per vie più confermare questa cosa, potrebbesi anche provare ch’ ìegli era lo stesso che l’Oro degli Egizj, il quale altri non era che il Sole, o ’l figliuolo del Sole, Che se si opponesse essere stato detto da alcuni che Priapo fu creduto lo stesso che Bacco, agevolmente si può rispondere, che appunto anche Bacco spesso vien preso pel Sole. Laonde non dee recare maraviglia il vedere che Priapo tiene con una mano lo scettro, e coll’altra il pene. Essendo lo stesso che il Sole, egli così indica la sua forza produttrice di tutte le cose della natura. Quindi solevasi ergere negli orti il suo simulacro, e far sedere le spose sovra il suo membro genitale, sì perchè sembrasse ch’egli il primo ne delibasse la pudicizia, come perchè le rendesse feconde. Del resto Priapo non solo fu venerato nel modo che finora abbiamo detto, ma anco qual Dio del mare; del che ne fa fede Leonida con quell’elegante Epigramma riportato nell’Antologia, cui piacquemi

di così tradurre nella nostra lingua.


PRIAPO

AL NOCCHIERO


La primavera un facile
Corso promette in mare:
Vedila ovunque ridere
In mille guise e care.


Già la vezzosa rondine
Cerca l’antico nido,
E ti risveglia al giubilo
Col festeggiante grido.


Tepido spira un zefiro,
Che tutto omai feconda:
Odi com’egli mormora
Dolce tra fronda e fronda.