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ANNOTAZIONI

alla Prosa Nona.


Non si sentivano piè per li boschi ec. Nel principio di questa Prosa, ottimamente nota il Porcacchi, è da metter gran cura all’ornata descrizion della sera, che ’l Sanazzaro fa, senza uscir mai de’ termini dell’umiltà pastorale; e in tutto il restante, e massime nel ragionamento del vecchio Opico, avvertiscasi quanto vagamente parli delle vanità magiche, impresse nelle menti de’ troppo creduli pastori; con quanto accorgimento alouna volta finga che ’l vecchio mal si ricordi del nome d’alcuni animali incogniti; quanto ben circoscriva gli Etiopi chiamandogli genti nere più che matura uliva, perchè colui non si ricordava del nome. Queste ed altre simili cose sono tutte scritte ed esposte con arte e giudizio grande.

I raggi del sole apparendo ec. Se il Sanazzaro in questo luogo ha voluto imitare Ovidio nel Lib. iv. delle Metam., dove questi descrivendo ugualmente l’Aurora ha detto:


Postera nocturnos Aurora removerat ignes,
Solque pruinosas radiis siccaverat herbas;


convien avvertire che l’imitatore ha vinto l’imitato, perchè il Sanazzaro ottimamente particolarizza l’aurora dicendo che non ancora le lucide goccie della fresca brina non erano riseccate nelle tenere erbe; e Ovidio invece volendo descrivere l’aurora descrive piuttosto il mattino già inoltrato, poiché ne dice che il sole co’ suoi raggi aveva già seccate le rugiardose erbe.

Della magica Circe, e di Medea. Circe fu figliuola del Sole e di Perse Ninfa, e venne ad abitare in Italia nell’Isola da lei detta Circea, che poi diventò terra ferma, e chiamasi oggi Monte Circello. Costei, per quanto dicono i poeti, convertiva gli uomini in varie fiere per forza di arte magica, secondo che si vede ne’ compagni d’Ulisse nel lib. x. dell’Odissea d’Omero. Medea fu figliuola d’Eta Re de’ Colchi, e fu maga eccellentissima, come quella, che per amor di Giasone seppe co’ suoi incantamenti addormentare il serpente che sempre vegghiava alla custodia del vello d’oro, che Giasone andò a rubare. Tutto quello poi che qui si dice intorno gl’incantamenti, è preso in parte o dall’Egloga viii. di Virgilio, o dall’Idilio ii. di Teocrito, e in parte dall’Elegia vii. del Lib. iii. degli Amori d’Ovidio.

Pliadi, o Plejadi sette figliuole d’Atlante e di Pleione Ninfa, nominate Elettra, Alcione, Celeno, Maja, Asterope, Tai-