mo, che di averne dopo le spalle lasciato il
piano ne fossimo avveduti. Ove, poi che arrivati
fummo, cessando Opico dal suo ragionare,
siccome la fortuna volle, trovammo il santo
vecchio, che a piè di uno albero si riposava;
il quale, come da presso ne vide, subitamente
levatosi per salutarne, all’incontro ne venne,
degno veramente di molta riverenza nella rugosa
fronte, con la barba, e i capelli lunghi,
e bianchissimi più che la lana delle Tarentine
pecore; e nell’una delle mani avea di ginepro
un bastone bellissimo, quanto alcuno mai ne
vedessi a pastore, con la punta ritorta un poco,
dalla quale usciva un lupo, che ne portava
un agnello, fatto di tanto artificio, che
gli avresti i cani irritati appresso: il quale ad
Opico prima, dopo a tutti noi fatte onorevoli
accoglienze, ne invitò all’ombra a sedere. Ove
aperto un sacchetto, che egli di pelle di cavriuolo
portava mnculosa e sparsa di bianco,
ne trasse con altre cose una fiasca delicatissima
di tamarisco, e volle che in onore del comune
Iddio bevessimo tutti: e dopo breve desinare,
ad Opico voltatosi, il dimandò di quello, che
a fare così di schiera andassimo: il quale prendendo
lo innamorato Clonico per mano, così
rispose: la tua virtù sovra le altre singularissima,
e la estrema necessità di questo misero
pastore ne costrinse a venire in queste selve,
Enareto mio; il quale, oltra al dovuto ordine
amando, e non sapendo a se medesimo soprastare,
si consuma sì forte, come al foco la molle
cera; per la qual cosa non cerchiamo noi a
tal bisogno i risponsi del tuo, e nostro Iddio,
i quali egli più che altro Oracolo verissimi ren-