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Iddio del salvatico paese, il misero Clonico si volle accomiatare da uoi. Il quale dimandato, qual fosse la cagione, die sì presto a partirsi il costringesse, rispose: che per fornire quello, che la precedente sera gli era stato da noi impedito, andar voleva, cioè per trovare a’ suoi mali rimedio con opra di una famosa vecchia, sagacissima maestra di magici artificj, alla quale, secondo che egli per fama avea molte volte udito dire, Diana in sogno dimostrò tutte le erbe della magica Circe, e di Medea; e con la forza di quelle soleva nelle più oscure notti andare per l’aria volando, coverta di bianche piume, in forma di notturna strega; e con suoi incantameli inviluppare il cielo di oscuri nuvoli, ed a sua posta ritornarlo nella pristina chiarezza; e fermando i fiumi, rivoltare le correnti acque ai fonti loro: dotta sovra ogni altra di attraere dal cielo le offuscate stelle, tutte stillanti di vivo sangue; e d’ imporre con sue parole legge al corso della incantata luna; e di convocare di mezzo giorno nel Mondo la notte, e li notturni Iddii dalla infernale confusione; e con lungo mormorio rompendo la dura terra, richiamare le anime degli antichi avoli dalli deserti sepolcri; senza che, togliendo il veleno delle innamorate cavalle, il saugue della vipera, il cerebro dei rabbiosi orsi, e i peli della estrema coda del lupo, con altre radici di erbe, e sughi potentissimi, sapeva fare molle altre cose maravigliosissime, ed inincredibili a raccontare. A cui il nostro Opico disse: ben credo, figliuol mio, che gli Dii, de’ quali tu sei divoto, ti abbiano oggi qui guidato per farti a’ tuoi affanni trovar rimedio;