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E poi comincerai col rastro a frangere
La dura terra, e sterperai la lappola,
Che le crescenti biade suol tant’angere.
Io con la rete uccello, e con la trappola,
Per non morir nell’ozio, e tendo insidie
Alla mal nata volpe, e spesso incappola.
Così si scaccia amor; così le invidie
De’pastor neghittosi si postergano;
Così si spregia il mondo e sue perfidie.
Così convien ch’al tutto si dispergano
L’ amorose speranze ardite ed avide,
Che nelle menti semplicette albergano.
Or pensa alquanto alle tue capre gravide,
Che per tema de’ lupi che le assaltano,
Fuggon da’ cani più che cervi pavide.
Vedi le valli e i campi che si smaltano
Di color mille; e con la piva e ’l crotalo
Intorno ai fonti i pastor lieti saltano.
Vedi il monton di Friso; e segna e notalo,
Clonico dolce: e non ti vinca il tedio;
Che ’n pochi dì convien che ’l sol percotalo.
Caccia i pensier che t’han già posto assedio,
E che ti fan dì e notte andar fantastico;
Che al mondo mal non è senza rimedio.
E pria ch’io parli, le parole mastico.


ANNOTAZIONI

all’Egloga Ottava.


Tal che Fauni ec. Se credere dobbiamo alla storia, che s’aggira intorno a cose tanto rimote, Fauno re de’ Latini, fiorì a’ tempi che Pandione regnava in Atene. Fu egli il primo che ridusse gl’italiani, i quali viveano prima in silvestre maniera, ad una vita socievole, e mite, insegnando loro a conoscere gli Dei e a fabbricarne i tempj, i quali perciò