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EGLOGA OTTAVA.
eugenio e clonico.
Eugenio.
Ove sì sol con fronte esangue e pallida
Su l’asinelio or vaine, e malinconico,
Con chiome irsute, e con la barba squallida?
Qualunque uom ti vedesse andar sì erronico,
Di duol sì carco, in tanta amaritudine,
Certo direbbe: questi non par Clonico.
Forse che per fuggir la solitudine
Or cerchi le cittadi, ove amor gemina
Suoi strai temprati nella calda incudine.
Nell’onde solca, e nell’arene semina,
E ’l vago vento spera in rete accogliere
Chi sue speranze fonda in cor di femina.
Clonico.
Eugenio, s’io potrò mai l’alma sciogliere,
O rallentar dal laccio iniquo ed orrido,
Tal ch’io possa dal giogo il collo estogliere;
Selva alcuna non fia, nè campo florido
Senza ’l mio canto, tal che Fauni e Driadi
Diran che viva ancor Dameta e Corido,
Le Najadi, Napee ed Amadriadi,
E i Satiri e i Silvani desterannosi
Per me dal lungo sonno, e le Tespiadi.
E poi per mano in giro prenderannosi
Discinti e scalzi sovra l’erbe tenere;
E mille canzonette ivi udirannosi.
E ’l fier fanciullo, e la spietata Venere
Vinti di doglia si daranno il biasimo,
E non potran goder della mia cenere.