avrai di vedermi fastidio. Ma certo io spero
che ’l tuo cuore, il quale la mia lieta fortuna
non ha potuto muovere, la misera il piegherà;
e tardi divenuta pietosa, sarai costretta a forza
di biasmare la tua durezza, desiderando almeno
morto di veder colui, a cui vivo non hai
voluto di una sola parola piacere. Oimè, e come
può essere, che ’l lungo amore, il quale
un tempo son certo mi portasti, sia ora in tutto
da te fuggito? Deh non ti tornano a mente i
dolci giuochi della nostra puerizia? quando insieme
andavamo per le selve cogliendo le rubiconde
fragole, e dagli alti faggi le saporose
ghiande, e le tenere castagne dalle pungenti
scorze? Seiti dimenticata tu de’ primi gigli, e
e delle prime rose, le quali io sempre dalle
cercate campagne ti portava? tal che appena le
api aveano gustato ancora i fiori, quando tu
per me andavi ornata di mille corone. Lasso,
quante fiate allora mi giurasti per gli alti Dii,
che quando senza me dimoravi, i fiori non ti
olivano, e i fonti non li rendevano il solito
sapore? Ahi dolorosa la vita mia! e che parlo
io? e chi mi ascolta, altro che la risonante
Ecco? la quale credente a’ miei mali, siccome
quella, che altra volta provati gli ha, mi risponde
pietosa, mormorando al suono degli
accenti miei: ma non so pure ove nascosa si
stia: che non viene ella ora ad accompagnarsi
meco? O Iddii del cielo, e della terra, e qualunque
altri avete cura de’ miseri amanti, porgete,
vi prego, pietose orecchie al mio lamentare,
e le dolenti voci, che la tormentata anima
manda fuori, ascoltate. O Najadi, abitatrici
de’ correnti fiumi; o Napee, graziosissima