Tra i quali alcuna volta trovandomi io, e mirando
i fronzuti olmi circondati dalle pampinose
viti, mi corre amaramente nell’animo con
angoscia incomparabile, quanto sia lo stato mio
difforme da quello degl’insensati alberi, i quali
dalle care viti amati dimorano continuamente
con quelle in graziosi abbracciari; ed io per
tanto spazio di cielo, per tanta longinquità di
terra, per tanti seni di mare, dal mio desio
dilungato, in continuo dolore e lacrime mi
consumo. O quante volte e’ mi ricorda, che
vedendo per li soli boschi gli affettuosi colombi
con soave mormorio baciarsi, e poi andare
desiderosi cercando lo amato nido, quasi da
invidia vinto ne piansi, cotali parole dicendo:
O felici voi, ai quali senza sospetto alcuno di
gelosia è concesso dormire, e vegghiare con sicura
pace! Lungo sia il vostro diletto, lunghi
siano i vostri amori: acciocchè io solo di dolore
spettacolo possa a’ viventi rimanere. Egli interviene
ancora spesse fiate, che guardando io,
siccome per usanza ho preso in queste vostre
selve, i vagabondi armenti, veggio tra i fertili
campi alcun loro magrissimo appena con le deboli
ossa sostenere la secca pelle, il quale veramente
senza fatica e dolore inestimabile non
posso mirare, pensando, un medesimo amore
essere a me ed a lui cagione di penosa vita.
Oltra a queste cose mi sovviene, che fuggendo
talora io dal consorzio de’ pastori, per poter
meglio nelle solitudini pensare a’ miei mali, ho
veduto la innamorata vaccarella andare sola per
le alte selve muggendo, e cercando il giovane
giovenco, e poi stanca gittarsi alla riva di alcun
fiume, dimenticata di pascere, e di dar