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le; ma, lasso, che molto altrimenti, ch’io non avvisava, mi avvenne; perocchè se allora, veggendo, e parlando sovente a colei, ch’io tanto amo, mi riputava infelice, sol pensando che la cagione del mio penare a lei non era nota; ora mi posso giustamente sovra ogni altro chiamare infelicissimo, trovandomi per tanta distanza di paese assente da lei, e forse senza speranza di rivederla giammai, nè di udirne novella, che per me salutifera sia: massimamente ricordandomi in questa fervida adolescenza de’ piaceri della deliziosa patria, tra queste solitudini di Arcadia, ove, con vostra pace il dirò, non che i giovani nelle nobili città nudriti, ma appena mi si lascia credere che le salvatiche bestie vi possano con diletto dimorare: e se a me non fosse altra tribulazione, che l’ansietà della mente, la quale me continuamente tiene sospeso a diverse cose, per lo fervente desìo ch’io ho di rivederla, non potendolami nè notte nè giorno, quale sia fatta, riformare nella memoria, si sarebbe ella grandissima. Io non veggio nè monte, nè selva alcuna, che tuttavia non mi persuada di doverlavi ritrovare, quantunque a pensarlo mi paja impossibile. Niuna fiera, nè uccello, nè ramo vi sento movere, ch’io non mi giri paventoso per mirare se fosse dessa in queste parti venuta ad intendere la misera vita, ch’io sostegno per lei: similmente niun’altra cosa veder vi posso, che prima non mi sia cagione di rimembrarmi con più fervore e sollicitudine di lei; e mi pare, che le concave grotte, i fonti, le valli, i monti, con tutte le selve la chiamino, e gli alti arbusti risonino sempre il nome di lei.