ancora ardire di discoprirmele in cosa alcuna,
per non perdere in un punto quel, che in
molti anni mi parea avere con industriosa fatica
racquistato; in sì fiera malinconia e dolore
intrai, che ’l consueto cibo, e ’l sonno perdendone,
più ad ombra di morte, che ad uom vivo
assomigliava. Della qual cosa molte volte da
lei domandato qual fosse la cagione, altro che
un sospiro ardentissimo in risposta non rendea.
E quantunque nel letticciuolo della mia cameretta
molte cose nella memoria mi proponessi
di dirle, nientedimeno, quando in sua presenza
era, impallidiva, tremava, e diveniva mutolo;
in maniera che a molti forse, che ciò
vedeano, diedi cagione di sospettare. Ma ella,
o che per innata bontà non se ne avvedesse
giammai, o che fosse di sì freddo petto, che
amore non potesse ricevere, o forse, quel che
più credibile è, che fosse sì savia, che migliore
di me sel sapesse nascondere, in atti ed in
parole sovra di ciò semplicissima mi si mostrava.
Per la qual cosa io nè di amarla mi sapea
distraere, nè dimorare in sì misera vita mi giovava.
Dunque per ultimo rimedio di più non
stare in vita deliberai; e pensando meco del
modo, varie e strane condizioni di morte andai
esaminando: e veramente o con laccio, o
con veleno, ovvero con la tagliente spada avrei
finiti li miei tristi giorni, se la dolente anima
da non so che viltà sovrapresa non fosse divenuta
timida di quel, che più desiderava. Tal
che, rivolto il fiero proponimento in più regolato
consiglio, presi per partito di abbandonare
Napoli, e le paterne case, credendo forse
di lasciare amore e i pensieri insieme con quel-