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il Sanvitale s’industriasse ad averla, sia perché parmense, sia per- ché di famiglia si spesso ricordata nella Cronica. Nel cinquecento si servirono della Cronica anche il modenese Carlo Sigonio (Historiarum de regno Italiae), Bonaventura Angeli ferrarese, ma acclimatato a Parma (Historia della citici di Parma) e il Ghirardacci (Della Historia di Bologna). Tutto questo toglie ogni valore aH’argomento del Novati, contro coloro che affermano autografo il codice: come potè un solo esemplare esser noto a tanta gente? Si risponde facendo osservare che, quanti conobbero la Cronica, avevano in un modo e in un altro relazioni con l’am- biente in cui poteva trovarsi l’autografo salimbeniano. Nel seicento questo pare scomparso o perduto. La conoscenza se ne fa incerta e confusa. Probabilmente, si sente anche qui fa reazione religiosa, con il sospetto verso ogni forma d’eterodossia. Per citar solo i maggiori, il Waddingo negli Scriptores Or dinis Minorimi la ricorda diffusamente, ma con particolari inesatti che ne dimostrano una conoscenza indiretta. Secondo lui, due sono le opere di Salimbene Historia universalis e Chronicon Italiae: notizia assolutamente fantastica, ripetuta poi da molti altri, di cui non si trovano né l’origine né la causa, a meno che non adombri — il che è assai improbabile — l’esistenza d’un’altra cronaca minore. Né l’Ughelli, ne\VItalia sacra, cita mai la Cronica, e neppure, per quanto ab- biam potuto verificare, se ne vale senza citarla. Cosi l’Oudin, nel Supplemenium de scriptoribus vel scriptis ecclesiasticis. Un breve e confuso cenno troviamo nel De historicis laluiis del Vossius. Al principio del settecento i piú celebri eruditi ricercano in- vano la Cronica. Apostolo Zeno ne chiede notizia al Muratori nel i7or, e il Muratori risponde di non averne potuto saper nulla e, al principio del voi. IX Renan Italicarum Scriptores, confessa di ritenerla perduta o chiusa in qualche carcere, di dove non può trarla («carceri alieni traditimi, linde exsolvere miserum mihi non liceat»). Eppure, proprio in quel tempo il p. Giuseppe Torubia lo trovava fra i libri del duca di Poli dei principi Conti romani, e poteva trarne copia della parte che si riferiva alla storia dell’Or- dine francescano. Da questa copia ne derivarono forse parecchie altre che passarono di convento in convento, e certo una di esse capitò nelle mani del p. Carlo Giuseppe di San Fiorano, che se ne valse in una sua opera (L’indulgenza della Porziuncola illu- strata) pubblicata nel 1764. Pochi anni innanzi s’era valso della Cronica lo storico dell’Ordine, lo Sbaralea, il quale, per il suo