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90 capitolo nono.


Fece un gesto di rabbia ed i suoi occhi s’accesero d’un lampo sinistro. Quando toccò il ponte aveva riacquistata la sua solita calma; sulla sua fronte però si scorgeva ancora una profonda ruga.

— Ebbene? — gli chiese il capitano.

— Non ho udito altre detonazioni.

— Ma come spiegate la fuga dei selvaggi?

— Forse qualche avvenimento è accaduto nell’isola e non vorrei...

— Che cosa?

— Che questo avvenimento riguardasse i miei compagni. Ho un sinistro presentimento.

— Temete che siano stati fatti prigionieri proprio ora che noi siamo qui?

— Quel colpo di fucile isolato mi dà assai da pensare.

— Ma noi li salveremo egualmente, — disse Anna con animazione. — Non lasceremo a nessun patto che i selvaggi divorino quei disgraziati.

— Un canotto! — esclamò in quel momento un marinaio, additando la costa.

Tutti gli sguardi si diressero verso il luogo indicato e videro una pesante canoa scavata nel tronco di un albero gigantesco, staccarsi dalla riva e dirigersi rapidamente verso la nave.

Dodici selvaggi seminudi ma armati di pesanti mazze, remavano con un accordo perfetto, mentre a prua se ne stava ritto un uomo di alta statura, col turbante in capo e una folta barba dipinta in rosso.

I marinai afferrarono i fucili e l’armaiuolo puntò il cannoncino, ma il naufrago con un gesto imperioso li trattenne.

In pochi minuti l’imbarcazione attraversò lo strato d’olio e