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arrenati sulle scogliere di figi-levù. | 77 |
Ciò detto, il naufrago parve immergersi in profondi pensieri e non parlò più.
Il capitano Hill e sua figlia abbandonarono la poppa e si portarono a prua, dove l’equipaggio si affaccendava a calare una terza àncora, quella così detta di speranza, che è la più grossa e che invece della catena porta una grossa gomena.
Il mare tutto intorno alla nave si manteneva sempre calmo, ma al di là dello strato d’olio infuriava sempre, con tremendi muggiti, e producendo anche sotto lo strato una violenta oscillazione, di cui si risentiva anche la Nuova Georgia.
La materia grassa che si vedeva scintillare al chiarore dei lampi a tre quarti di miglio sottovento e sopravvento, di quando in quando veniva respinta e scompaginata dalla furia dei marosi e del vento, ma subito si estendeva, opponendo una resistenza incredibile agli elementi scatenati.
Finchè l’olio non veniva a mancare, vi era la speranza di salvar la nave; però il capitano e Asthor s’accorsero ben presto che le àncore, forse perchè il fondo doveva essere o poco resistente o troppo liscio, a poco a poco cedevano, lasciandosi trascinare verso l’isola degli antropofagi.
— Brutta scoperta! — disse il capitano ad Anna. — Se le àncore non incontrano un fondo roccioso, fra due ore saremo a poche gomene dall’isola.
— Eppure il mare è abbastanza tranquillo attorno a noi — osservò la giovane miss.
— Non è il mare che ci trascina, è il vento che investe la nostra nave, cacciandoci al sud-est.
— Sono feroci gli abitanti di Figi-Levù?
— Tanto feroci, che si divorano tra fratelli. Si dice che siano