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62 capitolo settimo.


temendo che il disgraziato tenente seguisse la nave e chiamasse aiuto.

Certo la coscienza di Bill, per quanto fosse incallita nel delitto, non doveva in quel momento essere tranquilla, poichè tutte le volte che incontrava gli sguardi di qualche marinaio impallidiva orribilmente, e gli si gelava sulle labbra lo strano sorriso che di rado lo abbandonava.

Erano passati dieci minuti e la Nuova Georgia, trasportata dall’uragano aveva percorso un miglio, quando il capitano Hill, vedendo ancora semi-sciolta la vela di parrocchetto e non scorgendo fra l’equipaggio il tenente, si mise a gridare:

— Ohe! Signor Collin, dove siete? Volete un aiuto? —

I soli muggiti delle onde e i fischi sempre più violenti e stridenti del vento, risposero a quella domanda.

Il capitano credendo che la sua voce non fosse stata udita, discese dal ponte di comando e si avanzò fino ai piedi dell’albero di trinchetto cercando di discernere il tenente fra le vele e i cordami; ma l’oscurità era così profonda, che non potevasi distinguere alcuna cosa.

— Signor Collin! — ripetè con voce tuonante.

Anche questa volta la domanda rimase senza risposta.

— Scommetterei un penny contro una sterlina che il signor Collin non è sull’albero — disse un marinaio che era salito sul castello di prua per meglio vedere.

— È impossibile! — esclamò il capitano impallidendo.

— Eppure, signore, io non lo scorgo nè sulla coffa, nè sulla crocetta, nè sui pennoni, — disse il marinaio.

— Che gli sia avvenuta qualche disgrazia? Ma quando?... Come?... Avete udito nessun grido voialtri?