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le isole di santa-cruz. | 25 |
marsi, poteva spingerlo su quelle inospitali coste ed allora sarebbe stata la morte di tutti quanti, quand’anche l’Oceano e gli scogli gli avessero pel momento risparmiati.
La Nuova Georgia riprese adunque la lotta cogli elementi scatenati, salendo e discendendo le montagne d’acqua che l’assalivano da ogni parte, ora rovesciandosi sul tribordo ed ora sul babordo, non ostante l’abilità del vecchio Asthor, che si teneva sempre alla barra.
Alle sette del mattino però, il sole irrompendo da un grande squarcio apertosi nelle nubi, illuminò l’Oceano e come se quello fosse un segnale di pace, il vento scemò di violenza e l’acquazzone che da dodici ore cadeva quasi senza interruzione, cessò affatto.
Il capitano Hill ed il tenente Collin, approfittarono di una tregua, che pareva durevole, e scesero nel quadro di poppa per vedere come stava il naufrago, che fino allora era stato abbandonato a sè stesso.
Il pover’uomo dormiva tranquillamente come si fosse trovato in una comoda e sicurissima camera, ma udendo entrare delle persone si svegliò bruscamente.
— Come state, amico? — gli chiese il capitano.
— Mi sento ancora debole ma sto benissimo, — rispose il naufrago. — Vi devo molto, signore, per avermi salvato con un tempo così indiavolato; un altro capitano non avrebbe compromesso la sua nave per raccogliere uno sconosciuto.
— Non parliamo di ciò; un altro al mio posto avrebbe fatto altrettanto, o per lo meno lo avrebbe tentato.
— È finita la tempesta?
— Sta per cessare.
— E vi dirigerete alle isole Figii?