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il naufrago. 21


— Abbiamo nessuna terra in vista?

— No, capitano, — rispose l’ufficiale.

— Eppure, se i miei calcoli non errano, dobbiamo essere vicini all’arcipelago di Santa-Cruz.

— Che la deriva ci abbia portati così tanto verso l’est?

— Sono tre giorni che il vento ci allontana dal gruppo delle isole Salomone, ed a quest’ora dobbiamo navigare lungo il 182° parallelo.

— Ecco un nuovo pericolo in vista. Le isole di Santa-Cruz non godono troppo buona fama, capitano.

— Nè migliore nè peggiore di tutte le altre isole che sorgono in questo lembo dell’Oceano Pacifico, ma noi passeremo senza dar di cozzo contro le scogliere.

— L’oscurità è tanto profonda da non potersi distinguere una terra qualsiasi a due gomene di distanza.

— Ce la indicheranno le onde e le folgori. To’! Non mi era ingannato io!

— Terra sottovento! — gridò in quell’istante un marinaio, che stava a prua.

— In guardia, Asthor, — disse il secondo volgendosi al vecchio marinaio che teneva la ribolla del timone.

— Non temete, signore, — rispose il lupo di mare cacciando la ribolla all’orza. — I selvaggi almeno per questa volta non metteranno sotto i loro denti la mia carne coriacea. —

Il capitano Hill, che con quella po’ po’ di tempesta non sapeva precisamente dove si trovava, non avendo potuto da tre giorni fare una sola osservazione che gli potesse dare la longitudine e la latitudine, si portò a prua per vedere coi propri occhi la terra segnalata.