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242 | capitolo ventesimosettimo. |
Bill questa volta si fermò. I suoi accaniti insecutori erano distanti pochi passi, e avrebbero potuto ucciderlo colla massima facilità.
Incrociò le braccia sul petto, dopo aver gettata via la carabina, e guardandoli fissi disse con voce rotta:
— Ho perduto la partita; pago!... —
Poi si lasciò cadere su di una rupe, prendendosi il capo fra le mani.
Collin che precedeva tutti, gli si precipitò addosso puntando contro di lui il fucile.
— Mi riconosci, miserabile?! — gridò.
Bill alzò il capo mostrando il viso, che in quel momento era più bianco d’un panno lavato, e disse con voce lenta, misurata:
— Vi riconosco; si vede che i morti talvolta ritornano.
— Ed io sai chi sono? — gli chiese Hill, che lo aveva raggiunto.
Un lampo d’odio brillò negli occhi del forzato.
— Voi! — esclamò — Per quale arte diabolica siete qui e vivo? Credevo le tigri vi avessero divorato.
— Ti sei ingannato, assassino, incendiario e ladro. Sono vivo ancora, e qui giunto per farti scontare le tue infamie.
— Uccidetemi adunque, se così vi piace. Ho perduto, e sono pronto a pagare.
— No, la morte sarebbe troppo dolce.
— Cosa intendete di fare? — chiese il forzato con inquietudine.
— Ti ricondurrò alle isole di Norfolk. —
Il viso di Bill divenne ancora più pallido e i suoi lineamenti si contrassero ferocemente.
— È viva ancora vostra figlia? — chiese egli improvvisamente.
— Sì, Dio l’ha protetta.
— Ma perderà voi! — esclamò il bandito.