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18 | capitolo secondo. |
— Credete che siano ancora vivi?
— Lo spero, poichè sono tutti armati e risoluti.
— Da quanti giorni avete lasciata l’isola?
— Da tredici. Capitano, ditemi, cercherete di salvare quei disgraziati?
— Tutto dipende da una vostra risposta, — rispose il comandante guardandolo fisso, come se volesse leggergli nel più profondo del cuore.
— Parlate, interrogatemi, signore.
— Ditemi, perchè avete ai polsi quelle profonde lividure? —
Il naufrago a quella domanda, che forse non si aspettava, trasalì, ma rimettendosi prontamente, rispose colla massima calma:
— Me le hanno prodotte le funi, essendomi fatto legare alla ribolla del timone durante la tempesta che ci fece naufragare. Il mare saltava a bordo con tanta furia, che senza quella precauzione mi avrebbe portato via.
— Sono soddisfatto di voi, — disse il capitano, tendendo la destra al naufrago che gliela strinse vigorosamente. — Ora non pensate che a dormire ed a rimettervi della vostra brutta avventura.
— Ma i miei compagni li salverete? — insistette il naufrago.
— Appena la tempesta sarà cessata, metterò la prua verso le isole Figii.
— Grazie, grazie, signore.
— Non una parola di più, e riposate. —
Il naufrago si ricoricò nel lettuccio, ma appena si vide solo si rialzò con uno scatto di tigre, e sulle sue labbra sottili apparve uno strano sorriso, una specie di sogghigno che avrebbe dato da pensare a chi avesse potuto vederlo.
Nella cabina attigua miss Anna aspettava suo padre, impaziente