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230 capitolo ventesimosesto.


— Li vedi? — gridò il capitano.

— Aspettate... vedo attraverso il fumo un uomo che si dibatte; ma gli altri?... Ah! Ne vedo altri due che mi pare abbiano finita la loro brutta esistenza.

— Avanti! — gridò Collin.

I selvaggi colle lance dispersero i tizzoni, abbatterono i cespugli che ancora bruciavano, e giunsero dinanzi alla caverna contemporaneamente ad Asthor ed a Grinnell.

— Non vedo che dei morti e un moribondo — gridò egli, saltando dentro.

Il capitano e Collin lo raggiunsero, ma dovettero retrocedere per cagione del fumo. Appena però si fu diradato, s’inoltrarono cautamente attraverso la nera apertura che pareva si addentrasse profondamente nei fianchi del colle.

Quattro uomini giacevano dietro le rocce che avevano con tanta ostinazione difese. Erano Brown con la fronte spaccata da una palla, Mac Doil col petto coperto di sangue, Kingston e O’Donnel che erano stati uccisi dalle lance dei selvaggi. Il quinto, Welker, rantolava appoggiato alla parete.

— E gli altri? — chiese Collin, girando intorno un rapido sguardo.

— Dikens è caduto fuori — disse Asthor.

— Ma Bill e Mac Bjorn? — chiese il capitano.

— Eh! Per mille vascelli, non si vedono! — esclamò il pilota, mostrando i pugni.

— Eppure non devono essere fuggiti — disse Collin.

— Welker — disse il capitano avvicinandosi al forzato.

Il miserabile udendo pronunziare il suo nome aprì gli occhi, e vedendosi dinanzi Hill borbottò, forzandosi a sorridere:

— Appiccherete un morto, capitano.