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222 capitolo ventesimoquinto.


— Ma dov’è l’ottavo, l’infame Bill? — chiese Collin coi denti stretti.

— Eccolo là, sdraiato ai piedi di quel banano — rispose il capitano. — Il miserabile è ancora vivo, malgrado le sue due ferite.

Collin aprì il cespuglio che li nascondeva e guardò. Infatti, sdraiato all’ombra di un banano, vide l’ottavo forzato che riconobbe subito.

— Bill! — esclamò con inesprimibile accento d’odio. — A noi due, furfante!

— E la caverna? — chiese il capitano.

— Non vedete quell’apertura? — rispose il tenente. — Guardate là, presso quel cespuglio.

— La vedo.

— Come disporremo i nostri uomini?

— Paowang con cento uomini s’imboscherà fra quei cespugli che si estendono verso l’est; suo fratello, con altrettanti, si celerà in mezzo a quel bosco di fichi che si stende verso l’ovest, e noi prenderemo posto dinanzi, fra quelle macchie. Se i forzati saliranno la collina, ci riuscirà facile ad allargare le tre bande e accerchiarla.

— Vado a dare gli ordini necessari — disse Collin. — Aspettatemi qui: poi scenderemo attraverso a questo bosco e prenderemo posto dinanzi alla collina.

Il tenente e Paowang discesero l’altura, e il capitano rimase in osservazione.

Mezz’ora dopo, Collin era di ritorno accompagnato dai marinai che portavano il cannoncino e da una cinquantina di guerrieri, scelti fra i più valorosi.

— Sono partiti gli altri? — gli chiese il capitano.