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la banda di bill. 221


— Fra breve — rispose l’isolano. — Che il grosso della truppa rimanga qui, e noi coi vostri amici bianchi raggiungiamo la vetta di quella collina.

Fecero sdraiare le truppe fra le macchie raccomandando a tutti il più profondo silenzio; poi il capitano, Collin e Paowang salirono l’altura cacciandosi fra i cespugli e gli alberi. In meno di venti minuti raggiunsero la cima e di là girarono lo sguardo sul paese circostante.

All’est, a una distanza di un miglio e mezzo, si vedeva l’Oceano le cui ondate si frangevano con fragore contro la spiaggia; in faccia a loro s’alzava il vulcano avvolto fra nuvoloni di fumo e di scintille, che di quando in quando il vento lacerava lasciando vedere l’immensa colonna di fuoco che erompeva dal cratere, e all’ovest sorgeva una piccola altura addossata a un colle, priva di vegetazione da un lato, ma coperta dall’altro da fitte macchie e da gruppi di alberi di cocco e di fichi.

— Si vedono? — chiesero ansiosamente Collin e il capitano.

— Sì, — rispose l’isolano, dopo alcuni istanti di acuta osservazione. — Eccoli laggiù.

— Dove?... dove?...

— Ai piedi dell’altura.

Il capitano e Collin guardarono nella direzione indicata, ed infatti scorsero sette uomini, sette marinai, a giudicarli alle vesti che indossavano, intenti a lavorare un tronco d’albero di dimensioni gigantesche, per trasformarlo senza dubbio in un canotto.

— Sono essi! — esclamò il capitano. — Ecco là Mac Bjorn che dirige il lavoro; quello corpulento è Mac Doil, il terzo è O’Donnel, il quarto Brown, il quinto, quello che manovra la scure, è Dikens, il sesto è Kingston e l’altro è Welker.