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16 | capitolo secondo. |
— Forse da delle corde? — insistette miss Anna.
— E forse da delle manette, — rispose il capitano con voce grave.
— Che sia un forzato fuggito da qualche penitenziario?
— Può essere.
— Forse dall’isola di Norfolk?
— Non ne so nulla; fra breve però quest’uomo ci dirà qualche cosa.
— Ritorna in sè?
— Sì, figlia mia.
Il capitano non s’ingannava. Il naufrago aveva aperto la bocca come per respirare più liberamente, e stava per alzare le palpebre. Due occhi falsi, grigiastri, che mandavano una luce sinistra, si fissarono ben presto sul capitano e sulla giovane donna con una specie di stupore.
— Come vi sentite? — chiese il capitano.
Lo sconosciuto invece di rispondere si alzò lentamente a sedere e chiese con voce rotta:
— Dove... sono... io?...
— In una cabina della Nuova Georgia, — rispose il capitano.
— Una nave... inglese?...
— No, americana. —
Il naufrago mandò un respiro come di soddisfazione. Il capitano Hill lo notò, e dopo aver fatto cenno a sua figlia di ritirarsi, riprese:
— Chi siete?
— Bill Habbart,... un povero naufrago;... ma... e Sangor?...
— Sangor?... Chi è costui?... —
Il naufrago fece un gesto di stupore, poi si morse le labbra come si fosse pentito di essersi lasciato sfuggire quel nome.
— Chi è questo Sangor? — tornò a chiedere il capitano.