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212 capitolo ventesimoterzo.


— Quando tornerà?

— È partito stamani all’alba col suo fratello e spero di rivederlo fra poche ore. Ma perchè siete così eccitato, capitano?

— Perchè comincio a credere alla giustizia di Dio! — esclamò Hill con tono solenne.

— Spiegatevi, capitano, — dissero tutti.

— Sospetto che quegli uomini siano i forzati.

— I forzati qui!...

— Sì, amici, devono essere gl’infami che ci incendiarono il vascello e che scatenarono contro di noi le tigri, assassinandoci l’equipaggio. Quei miserabili devono essersi diretti verso quest’isola, che era la più vicina, forse per attendere qualche nave che li trasporti in Europa od in America a godersi i denari rubatimi. Il cuore mi dice che io non m’inganno, e che fra breve tutti pagheranno il fio... Collin, giuratemi che voi mi aiuterete a far giustizia sommaria di quei ladri, incendiari e assassini. —

Il tenente si alzò e disse con voce solenne:

— Lo giuro, tanto più che ho un vecchio conto da saldare con quel Bill.

— Voi!... — esclamarono tutti.

— Sì; io, che a quest’ora dovrei dormire sotto le onde nei profondi abissi del Grand’Oceano. Ho ascoltato la vostra dolorosa istoria; ora udite la mia. —