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194 capitolo ventesimoprimo.


costa, ma non vi era pericolo che la risacca la riportasse in alto mare. L’enorme massa si era incastrata fra le scogliere e le sabbie, e nessuna forza sarebbe stata capace di toglierla dal suo letto.

Ciò bastava per rassicurare l’equipaggio, il quale ormai più nulla temeva, avendo la terra così vicina. Anche se l’oceano l’avesse demolita, non si sarebbe trovato imbarazzato a porsi in salvo, non ostante le violentissime ondate.

Finalmente verso le quattro cominciò ad albeggiare. Attraverso uno squarcio delle nubi passò un fascio di luce, la quale permise ai naufraghi di osservare l’isola che stava dinanzi a loro.

La costa correva dall’est all’ovest per un tratto di parecchie miglia, quasi in linea retta, senza un porto, una baia o una piccola rada, coperta da una folta vegetazione di alberi di cocco, di banani, di fichi di tutte le specie e di palme con le immense foglie disposte a ventaglio. Più oltre si alzavano parecchie montagne verdeggianti, disposte ad anfiteatro, e in mezzo ad esse spiccava un vulcano dal cui cratere sorgeva una immensa colonna di fumo rossastro, la quale lasciava cadere, su una zona immensa, della cenere nerastra. Enormi massi incandescenti salivano alti e ricadevano sui fianchi della fumante montagna, scomparendo fra i boschi o rimbalzando fra le rupi.

Cosa davvero strana, e in aperta contraddizione colle teorie degli scienziati; quel vulcano invece di dominare l’isola era più basso, e d’un bel tratto, delle vicine montagne!

Il capitano, Anna, il pilota e i tre marinai esaminarono attentamente la costa temendo di veder raggruppati dei selvaggi pronti ad assalire il rottame, ma non videro nè un abitante, nè una capanna.

— Sbarchiamo? — chiese Anna. — Farei volentieri una passeggiata sotto quei boschi.