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172 capitolo decimottavo.


Le sue compagne, atterrite da quella prima scarica, si misero a balzare pel ponte urlando e ruggendo, urtandosi confusamente e attraversando con un solo salto il vascello da babordo a tribordo.

Ma i colpi si succedevano ai colpi, le palle fischiavano e andavano implacabilmente a ferire con una precisione terribile. Invano le fiere raddoppiavano i balzi e i ruggiti; invano si slanciavano all’impazzata contro l’albero, dalla cui cima il capitano, Asthor e Grinnell le fulminavano, e invano fuggivano, cercando di ripararsi dietro ai barili e alle casse e agli attrezzi sparsi sul ponte.

— Fuoco! Fuoco! — gridava sempre il capitano, mentre Fulton e Mariland, inerpicati sull’alberetto di maestra, mandavano degli urrà fragorosi.

La fucilata continuava sempre più forte, sempre più precisa, abbattendo a una a una quelle formidabili ma impotenti avversarie.

In capo a dieci minuti sette tigri giacevano senza vita sul cassero, due si dibattevano fra le strette dell’agonia, una, impazzita dal terrore, era balzata in mare dove i pescicani l’avevano trascinata nei profondi abissi. L’undicesima, gravemente ferita, si trascinava pel ponte pieno di sangue cercando di raggiungere l’albero per tentare, con un ultimo sforzo, di slanciarsi fino alla coffa, e la dodicesima si era ritirata a prua, accovacciandosi dietro a due casse.

— Due scariche ancora, — disse il capitano Hill, — e potremo discendere.

Altri tre colpi di carabina echeggiarono, e la tigre moribonda cadde fulminata ai piedi dell’albero di mezzana.

— All’altra — disse Asthor ricaricando l’arma.

In quell’istante Grinnell mise un grido di rabbia.